Ciao Rino

Chissà come l'avresti raccontata tu, quest'Italia sempre piena di problemi, di ferite antiche mai ben chiarite e di nuove, impreviste, che fanno di quell'Aida una donna bella ma dannata, che sfoglia i suoi ricordi, le sue istantanee, i suoi tabù, le sue madonne, i suoi rosari e mille mari, senza trovare quello spunto per la rivoluzione che tanto cercavi, nella tua dannata periferia, magari proprio negli occhi di chi parte e ne parton tanti oggi, sai? Avevi 30 anni quando t'hanno ammazzato, 30 anni fa, ne avresti fatti 31 qualche mese dopo ma non ci fu il tempo, se non quello di una scia sull'asfalto e poi quella danza assurda in cerca di un ospedale che ti accogliesse, di quei 5 rifiuti assassini che nella mente semmai cosciente ti ricordavano la tua ballata di Renzo, in quell'ambulanza ti sarai sentito solo, che escluso il cane tutti gli altri son cattivi - lo sapevi bene - pressoché poco disponibili, miscredenti ed ortodossi, di aforismi perduti nel nulla. Non rimane che gente assurda.

L'avevi letto Froid? Tuo fratello avrebbe detto che non importa, avresti vissuto comunque 100 anni, in realtà ti dirò, hai fatto di più, che per me sei già immortale e io a volte che t'ascolto, che stupido, quasi mi sento più solo sapendo che 30 anni fa t'hanno ammazzato così, per fortuna ci hai lasciato la tua voce e tutto il genio della tua libertà, che poi anche a me piace il sud, ma come fare non so, semmai qualcuno capirà, sarà senz'altro un altro come me - dicevi - e io ci penso spesso, senza sentirmi speciale, per carità, che poi uno si perde nell'inutilità irreversibile del tempo che non si ha il tempo di vedere la mamma e si è già nati e i minuti rincorrersi senza convivenza, ma tu forse non essenzialmente tu avresti raccontato il mondo intero, che le cose poi non sembrano cambiate, che ancora si lotta per l'oro nero, chi spende e chi spande, che ancora c'è chi fila lana e amianto e c'è l'operaio della Fiat e il tuo lavoro ti incatena che curva a poco a poco la tua schiena, la catena è assai veloce e non solo a Torino, c'è chi vive in baracca e chi suda il salario, chi ruba pensioni, chi ha scarsa memoria, chi tira la bomba, chi nasconde la mano e beati sono i ricchi perché hanno il mondo in mano, beati i potenti e i vecchi, beata la frontiera anche se poi c'è anche chi come te cerca una bandiera diversa, senza sangue e sempre tersa ma io con la mia guerra voglio andare ancora avanti e mi accorgo che son solo ma in fondo è bella però la mia guerra e io ci sto, dicevi, e t'hanno ammazzato così, a pochi giorni dal matrimonio, che sia stata la rosa che hai incontrato e perciò questa vita più valore non ha o soltanto la danza degli ospedali questo non lo so, sei rimasto l'ennesimo mistero italiano, tu che ne cantavi già tanti nei tuoi nonsense che solo gli imbecilli come Boncompagni potevano denigrare, spero soltanto che se sognavi una stella ed un veliero che ti portino su isole dal cielo più vero, adesso sia sereno intorno a te, magari in quel mondo diverso, con stelle al neon e un poco d'universo, però ecco supponiamo un mattino, tu ti alzi e torni qui, io non dico niente a nessuno, ce ne stiamo in un angolo ad ascoltare una tua canzone, di come sfiorivano le rose mentre l'estate che veniva con le nuvole rigonfie di speranze o di come lei si masturbava mentre la notte scendeva stellata stellata, e poi vai via però, a far compagnia ad altri con la tua voce e le parole, anzi adesso ne diffondiamo un po', che io quasi te lo canterei e tu non torni più da me, perché non torni più da me? Ciao Rino.

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